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LETTERA AD UNA QUARANTENA MAI AMATA

Cara Quarantena,

la nostra convivenza nei miei magnifici, solitari 50mt milanesi sta per finire. Da dopodomani ti lascio e mi ricongiungo ai miei “congiunti”, quelli di sangue, quelli che vivono in un posto magnifico dove forse mi sentirò in vacanza. Gli altri “congiunti” invece, quelli che non condividono con me un corredo genetico ma solo la vita, quelli che vivono a due passi da me, non li potrò vedere. Così come non potrò vedere i “congiunti” che potrei incontrare nel tragitto, da CASA, a CASA. CASA, questa parola che inizio a non sopportare più.

 

CASA. “STATE A CASA!!”. CASA, CASA, CASA. CASA.

Premesso che sono tra i fortunati che hanno potuto stare a CASA (appunto) e che non hanno perso il lavoro ma anzi, han lavorato ancor più di prima.

Premesso che rientro anche nella categoria di chi vive la sua vita cittadina quasi totalmente fuori CASA, tra viaggi, lavoro, incontri, cinema e musei e si è visto quindi stravolgere l’esistenza nel tempo di una conferenza stampa.

Premesso infine che sono tra chi soffre di paure irrazionali, quali la claustrofobia, che ti richiedono grande determinazione per tenerle a bada e farle convivere con il divieto di disporre di te stesso.

 

Premesso tutto ciò e andando contro i miei grandi precetti di sintesi ed efficienza, voglio scriverti oggi per ricordarmi domani, che cosa mi ha insegnato questa terribile nostra convivenza. Perché lo sappiamo, ogni sofferenza porta insegnamenti ed ogni crisi porta progresso ma l’essere umano dimentica troppo in fretta.

 

E quindi, che cosa mi porto a CASA grazie a te, Quarantena, di queste 8  incredibili settimane?

 

In primis sicuramente un rinnovato concetto di libertà, che davo un po’ per scontato, essendoci nata e cresciuta. Ora so cosa significa perdere la libertà di poter decidere di andare dove e con chi vuoi, quando vuoi. Ora so cosa vuol dire dover firmare un pezzo di carta per andare in farmacia.

 

Mi hai mostrato quanto la mente si possa abituare a tutto, e quanto, per proteggersi, spesso si accorga davvero della sofferenza, solamente al suo culmine.

 

Mi hai confermato che la mia reazione alla frustrazione diventa più frequentemente rabbia e insofferenza. Raramente si tramuta in tristezza o depressione, nemmeno quando perdo il “potere” di cambiare scenario, rimuovere gli ostacoli.

 

Mi hai anche ricordato quanto sia attratta dalla bellezza e quanto mi possa mancare. L’ho trovata anche in clausura, almeno due volte al giorno, all’alba e al tramonto. Ma mi manca quella bellezza quotidiana che mi ha richiamata a CASA, in Italia, dopo un’esperienza all’estero.

 

Mi hai confermato che amo il mio lavoro, soprattutto per le prospettive e gli stimoli che mi offre, ma mi hai ricordato anche che un lavoro, da solo, non riempirà mai una vita. Nemmeno lontanamente.

 

Mi hai mostrato ancora una volta che amo la lettura, quasi terapeutica, ma soprattutto che amo imparare. Sentire che progredisco, che mi arricchisco, con un libro, o un pezzo di musica classica, un podcast o un film.

 

Ogni giorno mi hai prepotentemente rimarcato che se c’è una cosa che davvero mi fa crescere e che mi rende felice, ecco, quella è il viaggio. La sua attesa, la sua pianificazione, il suo viverlo e il tornare più ricca di prima. Il viaggio, l’antitesi esatta del tuo recente imperativo mondiale: STATE A CASA!

 

E poi lo sport, tanto odiato. Beh, mi hai fatto sperimentare i benefici del prendersi cura anche del corpo, oltre che della mente… ma so che non durerà a lungo.

 

Ma soprattutto, mi hai ricordato quanto adoro la mia vita, splendidamente libera e serena. A volte intensa, quasi mai vuota, spesso felice e adrenalinica, incentrata sul “futuro” e sul “fare” ma attenta a non perdere di vista l’essenza.

 

E mi hai mostrato quanto amo la mia gente e le relazioni unicamente vere. L’amore che dura, l’amore che si trasforma ma non scompare. Mai. L’amore che concepisco esclusivamente nella sua forma più elevata, più pura, senza mezze misure. Ieri, oggi e domani.

 

In fondo… a pensarci attentamente, nel silenzio dei miei 50 metri quadri, e proprio mentre ti scrivo, Quarantena mia, capisco che la verità è che non mi hai insegnato granchè. Ciò che mi hai tolto è infinitamente più grande di ciò che mi hai dato. Certo, hai avuto il tempo di confermarmi tante cose, alcune le hai forse accelerate, amplificate, ma dopo 8 lunghe settimane di convivenza insieme, posso dirti con certezza che non mi serve privarmi di ciò che amo per capirne il valore.

 

E quindi, scusami se vado contro allo sforzo comune di trovarti dei lati positivi. Scusami se in extremis mi abbandono alla drammaticità che mi contraddistingue e smetto di cercare un equilibrio in una situazione di merda che, per quanto necessaria, di equilibrato nulla ha. Scusami se con assoluta fermezza sono a dirti oggi, a poche ore dalla semilibertà vigilata, che ti ho odiato dal primo giorno e ti odierò fino all’ultimo secondo.

 

Viva la vita, che amo non più di prima, ma come prima.

Viva la libertà.

Fanculo il virus e Vaffanculo a Te, Quarantena mia.

 

02.05.2020

Milano

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